da lucio guerra » 03/05/2021, 14:29
La Cassazione, con l’ordinanza n. 2803/2019, in primo luogo, ha ribadito l'orientamento prevalente di legittimità che dà rilievo alle risultanze catastali, sicché il fabbricato potrà beneficiare delle agevolazioni Imu solo se la ruralità è stata riconosciuta dal Catasto, mediante l'attribuzione della corrispondente categoria catastale (D/10 o A/6) o mediante l'inserimento della specifica annotazione (Dl 70/2011) che attestante la sussistenza dei requisiti di ruralità, a nulla rilevando la circostanza che di fatto il fabbricato rispetti comunque i requisiti di ruralità previsti dalla normativa di riferimento (articolo 9, commi 3 e 3-bis del Dl 557/1993).
Questo orientamento non è stato smontato dal successivo intervento normativo (Dl 70/2011) che ha dato la possibilità ai contribuenti di presentare una domanda per la variazione della categoria catastale, dato che la domanda era rivolta proprio a ottenere l'accatastamento in categoria rurale, confermando quindi la rilevanza dell'attribuzione della specifica categoria catastale. Le domande di variazione, poi, esplicano effetti retroattivi quinquennali, in base alla successiva norma di interpretazione autentica (Dl 102/2013), solo se presentate nei termini e solo se accolte, mediante l'inserimento negli atti catastali della specifica annotazione. In altri termini, la presentazione della dichiarazione di variazione, pur nei termini, cui non è conseguito l'inserimento negli atti catastali dell'annotazione, non produce alcun effetto ai fini Imu, non essendo, peraltro, ipotizzabile neanche un
meccanismo di silenzio assenso. In questo caso, data la vincolatività del dato catastale, è onere del contribuente impugnare il silenzio dell'Agenzia delle entrate.
L’orientamento della Corte
La Corte ha effettuato anche una ricognizione della giurisprudenza di legittimità che si è già occupata delle domande di variazione in base al Dl 70/2011, richiamando la sentenza n. 23015/2016 che ha trattato l'ipotesi di variazione catastale mediante procedura Docfa presentata prima dell'entrata in vigore del decreto n. 70, ritendo che in quella ipotesi non si verifica l'effetto retroattivo. Conforme, è peraltro anche la sentenza n. 4244/2018, che ribadisce che la variazione catastale presentata mediante procedura Docfa non ha «i requisiti e il contenuto necessari per ottenere l'efficacia retroattiva richiesta, in quanto effettuata antecedentemente alla disciplina dettata dal D.L. n. 70/2011», mentre la sentenza n. 12659/2017, con riferimento al riconoscimento della ruralità ottenuto mediante presentazione del Docfa, ha precisato che tale variazione non è assistita dall'efficacia retroattiva quinquennale” prevista dal decreto 70.
Il caso deciso
Nel caso della sentenza in commento, invece, il contribuente ha presentato la domanda di variazione in base al Dl n. 70/2011 successivamente ai termini di scadenza previsti, sicché, ad avviso della Cassazione, nessun effetto retroattivo può operare, qualificandosi il termine come perentorio.
Anzi, a ben vedere, in caso di richiesta di variazione della ruralità presentata successivamente al termine previsto dal Dl n. 70, non trattandosi di variazione conseguente a interventi edilizi, questa esplica effetti ai fini Imu solo dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di presentazione.