da Samuele77 » 12/12/2019, 13:42
Basta considerare che il contratto individuale di lavoro deve obbligatoriamente indicare la categoria di inquadramento (art. 19, comma 2, CCNL 21.05.2018), ergo: cambi categoria => stipuli un nuovo contratto.
Se questo non bastasse, considera che in base all'art. 52 del d.lgs. 165/2001, il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area (categoria) di inquadramento. Quindi con la nuova categoria cambiano le mansioni esigibili, e la fonte di tale esigibilità è il contratto individuale di lavoro, che quindi cambia.
E ancora, vedi l'art. 20, comma 2, del CCNL 21.05.2018:
"Sono, altresì, esonerati dal periodo di prova, con il consenso degli stessi, i dipendenti che risultino vincitori di procedure selettive per la progressione tra le aree o categorie riservate al personale di ruolo, presso la medesima amministrazione, ai sensi dell’art. 22, comma 15, del D. Lgs. n. 75/2017". Non si parla di esoneri in caso di vincitori di concorso riservatari.
Considera che si tratta in ogni caso di una nuova assunzione (crea turnover per C e consuma turnover per D), in quanto tale soggetta ai relativi vincoli e divieti previsti dalle norme di finanza pubblica; tutte le condizioni organizzative e finanziare cui la legge collega il divieto di assunzione di personale inibiscono quindi non solo i concorsi pubblici, ma anche le selezioni per progressione fra categorie, comunque denominate.
E ancora: se il dipendente fa anche un solo giorno di stacco tra il rapporto C e il rapporto D, ha diritto a vedersi liquidato il TFR.
Se avessi ancora dubbi, dai un occhio a quello che scrive il Consiglio di Stato (Commissione Speciale Pubblico Impiego, parere del 9 novembre 2005, dove quello che vale per le progressioni verticali e per i concorsi totalmente riservati vale a maggior ragione nei concorsi parzialmente riservati):
[...]
La Corte costituzionale, anche dopo la cd. privatizzazione del rapporto di impiego, aveva ribadito che il passaggio ad una fascia funzionale superiore costituisce l’accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, come le altre forme di reclutamento, è soggetta alla regola del pubblico concorso (Corte cost. 4 gennaio 1999, n. 1; Corte cost. 16 maggio 2002, n. 194; Corte cost. 23 maggio 2002, n. 218; Corte cost. 23 luglio 2002 n. 373; Corte cost. 24 luglio 2003, n. 274).
In particolare la Corte costituzionale, investita della questione concernente la legittimità dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 in relazione ai cd. concorsi misti, cioè aperti ai candidati esterni ed interni, ma con una quota di posti riservata a questi ultimi, ha rilevato che la procedura concorsuale non ha diversa natura per i concorrenti in quota di riserva e per quelli esterni, trattandosi per gli uni e per gli altri di procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando (concludendo che l’intera controversia deve essere attribuita al giudice amministrativo: Corte cost. 4 gennaio 2001, n. 2).
[...]
Va, pertanto, ritenuto che rientrino nel blocco delle "assunzioni" di cui all’art. 1, comma 95, della legge n. 311 del 2004 anche le progressioni cd. verticali da un’area ad un’altra poiché, anche in tal caso, si verifica una novazione del rapporto di lavoro, in quanto si tratta di accesso a funzioni più elevate, qualsiasi sia il nomen della posizione funzionale attribuita dalla contrattazione collettiva, che può divergere da contratto a contratto.
Tale interpretazione appare, peraltro, necessitata alla stregua del vigente quadro costituzionale come derivante dall’art. 97 Cost. nella lettura di "diritto vivente" operata dalla Corte costituzionale, secondo la quale la norma ivi contenuta, secondo cui ai pubblici uffici, che debbono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione, si accede "mediante concorso salvi i casi stabiliti dalla legge", impone che il concorso costituisca la regola generale per l’accesso ad ogni tipo di pubblico impiego, anche a quello inerente ad una fascia funzionale superiore, essendo lo stesso "il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione" (cfr. le sentenze 487/91, 453/90, 161/90).
In altre parole, nel nostro contesto costituzionale "il passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema come quello oggi in vigore che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti", deve essere attuato mediante una forma di reclutamento che permette "un selettivo accertamento delle attitudini", anche laddove si tratti di progressione verticale di carriera. Per questa ragione – come ha rilevato anche la Cassazione con la citata sentenza n. 15403 del 2003 – è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di plurime disposizioni di legge (alcune delle quali relative ai corsi-concorso per la riqualificazione del personale del ministero delle Finanze: articolo 3, commi, 205, 206 e 207 legge n. 549 del 1995 e successive modificazioni) nella parte in cui le stesse prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori "in deroga alla regola del pubblico concorso" o comunque non prevedevano
"alcun criterio selettivo", ovvero riservavano, esclusivamente o in maniera ritenuta eccessiva, al personale interno l’accesso alla qualifica superiore. In termini ancora più espliciti si pone l’ordinanza n. 2 del 2001 della Consulta, con la quale è stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 68 decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni (ora articolo 63 d.lgs. n. 165 del 2001), in cui si è affermato che la procedura selettiva diretta all’accesso ad una qualifica superiore – e riservata sia al
personale interno all’amministrazione, sia a candidati esterni – integra "una vera e propria procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando".
La necessaria selettività, imposta dal vigente assetto costituzionale, del passaggio di personale "interno" ad una data amministrazione ad una fascia superiore costituisce quindi – ad avviso di questa Commissione speciale – una conferma alla interpretazione che estende l’applicabilità del termine "assunzioni" di cui alla legge finanziaria per il 2005 anche a tali fattispecie.
In altri termini, il lemma "assunzione" – come da ultimo confermato anche dalla recente sentenza delle s.u. della Cassazione n. 14259 del 7 luglio 2005 – deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltretutto l’accesso nell’area
superiore del personale interno o esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica.
5. A tali conclusioni non può ostare l’obiezione che l’elaborazione giurisprudenziale sopra menzionata riguarderebbe una dimensione squisitamente "giuridica" del termine "assunzioni", laddove invece l’accezione voluta dalla legge n. 311 del 2004 atterrebbe ad una dimensione strettamente "finanziaria", relativa al solo impatto delle "assunzioni" stesse sul bilancio dello Stato, con il distinto obiettivo di contenerne la spesa entro i vincoli di finanza pubblica.
Secondo tale possibile obiezione, si potrebbe sostenere che, in tale seconda accezione, il termine "assunzioni" andrebbe riferito soltanto alle assunzioni che provocano un onere finanziario rilevante, ovvero quelle di personale esterno all’amministrazione, mentre per il personale interno l’onere economico della sola "riqualificazione" è di gran lunga inferiore.
Tale obiezione deve essere disattesa, ad avviso di questo Consiglio di Stato, per almeno due ragioni.
Da un punto di vista più letterale, si fornirebbero al medesimo termine "assunzione", già di per sé non privo di ambiguità, due significati fortemente difformi, che avrebbero ambiti di applicazione troppo diversi (concorsi sia interni che esterni per il d.lgs. n. 165 e concorsi solamente esterni per la legge n. 311) per non incorrere in
un’antinomia del sistema (antinomia che, peraltro, la citata giurisprudenza della Cassazione ha voluto espressamente evitare, ritenendo "come non fosse ragionevole immaginare", a fronte della sostanziale necessità, in ogni caso, di una "procedura selettiva", "giurisdizioni diverse a seconda della qualità dei partecipanti alla
selezione").
D’altro lato, e forse soprattutto, tale interpretazione risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali meritocratici sopra esposti, che fondano il buon andamento degli uffici pubblici ex art. 97 Cost. su una maggiore selettività del loro personale e che si ispirano ad un favor per l’accesso esterno alle carriere pubbliche. Essa finirebbe invece per favorire, anche se soltanto per ragioni finanziarie, proprio quelle forme di "promozioni interne" che il quadro costituzionale ritiene del tutto eccezionali (e giustificabili solo in poche occasioni) rispetto alle procedure selettive pubbliche con prevalente partecipazione dall’esterno.
In altri termini, la pur fondamentale esigenza di "buon andamento" della finanza pubblica non può, ad avviso di questo Consiglio di Stato, comportare interpretazioni che si pongano in contrasto con il "buon andamento" della amministrazione pubblica, costituzionalmente garantito dall’art. 97 Cost.
[...]