Matteo ha scritto:Buongiorno a tutti.
Propongo una soluzione anche se non so se percorribile: prima di tutto di capire chi ha fatto un errore in "buona fede" e chi invece ha tentato di raggirarmi e gli è andata male.
Nel primo caso proporrei al dipendente di presentare lui stesso una dichiarazione in cui dice di essersi accorto dell'errore e chiede che gli venga trattenuto quanto indebitamente percepito.
Nel secondo caso valuterei un procedimento disciplinare, sempre che la cifra non superi certi limiti.
Sicuramente è giusto perseguire chi tenta una truffa, ma non mi sembra equo mandare un dipendente davanti al giudice per 200 €.
Due sono le alternative:
A) reputo l errore una cavolata?
Non attivo nessun procedimento ma "in amicizia volemose bene" e allora lo si avvisa prima del tutto e gli si dà possibilità di ravvedersi.
Non è il nostro caso
B) si attiva un formale avvio del procedimento.
In questo caso non può essere indagata la buona fede perché l elemento psicologico non può essere rilevato dal funzionario. La 445 del 2000 ha come ratio la speditezza dell iter e come corollorio un principio di autoresponsabilita del dichiarante.
È tutto molto triste ma è così, fin quando non cambiano la legge e diano la possibilità di valutare a discrezione motivata.
Sul punto c è il tar di lecce che ha adito la corte costituzionale per far dichiarare l incostituzionalità dell art 71 della 445 del 2000
(Il caso era di richiesta di rinnovo licenza di commercio. L ag delle dogane ha sottoposto a controllo l'autodichiarazione del richiedente che aveva dichiarato di non aver alcuna pendenza con lo stato. Dal controllo è emersa una pendenza per una multa di 200 euro circa e non ha rinnovato la licenza. Il richierente ha adito ik tar il quale ha investito la corte costituzionale. Sembra assurdo ma è cosi.
La corte costituzionale dovrà esprimersi proprio a luglio....attendiamo)