nvittori ha scritto:Non è ancora chiaro, almeno per me, cosa succede se il preavviso di 6 mesi non viene rispettato, cioè se per esempio:
diritto maturato già nel 2018,
dimissioni presentate il 6 febbraio 2019,
cessazione il 2 agosto 2019.
In questo esempio il preavviso tra data cessazione e data dimissioni non è di 6 mesi; la pensione verrà erogata a partire dal 7 agosto, oppure non verrà proprio erogata?
Vediamo se si può fare un po' di chiarezza.
Senza farla troppo lunga, l'istituto del preavviso nel pubblico impiego discende dalla contrattualizzazione privatistica del rapporto di lavoro, con il conseguente recepimento della disciplina civilistica in materia di recesso ed è regolato dal CCNL e dalla legge.
Il preavviso va dato, quindi, dalla parte che recede, in questo caso il dipendente all'ente datore di lavoro ovvero alla P.A. di appartenenza e viene stabilito, nella fattispecie, in 6 mesi.
I termini del preavviso, secondo il CCNL EE. LL., decorrono, poi, dal 1° o dal 16° giorno di ciascun mese, cioè, se presento domanda di dimissioni (o di pensione) il 31/1, il termine procede dall'1/2 e si conclude il 31/7 e, pertanto, l'uscita si situa all'1/8, se presento domanda il 10/2, il termine procede dal 16/2 e si conclude il 15/8, con uscita il 16/8.
Questo per la P.A. di appartenenza.
Per l'Inps conta la finestra di uscita di 6 mesi, che è cosa diversa dal preavviso, è attiene alla decorrenza del trattamento pensione ovvero alla prima data utile per il pagamento della pensione al lavoratore interessato.
I due termini, quindi, sono differenti, ma vanno coordinati, l'Inps potrebbe richiedere copia della domanda all'ente datore di lavoro per mettere in pagamento la pensione, dal canto suo la P.A., nel caso di mancato rispetto del preavviso, potrebbe, anzi può, richiedere al dipendente il pagamento di un'indennità sostitutiva oppure differire la data di uscita allo scadere dell'effettivo termine del preavviso richiesto.
Saluti