da bennyferraro » 23/07/2025, 17:51
Versione breve (abstract): cosa ne pensi di un eventuale referendum abrogativo/iniziativa legislativa per l’abrogazione delle disposizioni sul tempo determinato in Pa?
Premesso che di recente ci si è provato (senza successo) con referendum riguardante il settore privato, in qualche modo.
Premesso anche che il legislatore ha fatto vivere al nostro ordinamento parentesi di limitazione dell’utilizzo del tempo determinato: tra il 1994 e 1998, durante la vigenza del d.lgs. 29/1993 e, di nuovo, sotto il TUPI per alcuni mesi solo nel 2008.
Si avanza qui l’ipotesi di una proposta di referendum abrogativo e/o iniziativa legislativa di intervento sulle disposizioni che consentono il ricorso al lavoro a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, in particolare l’art. 36 del D.lgs. 165/2001, nella parte in cui ammette rapporti a termine per esigenze “di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale”.
Naturalmente si potrebbe pensare a una salvaguardia di casi eccezionali (es. td della polizia stagionale), ma il senso resta quello di colpire e prevenire gli abusi legati all'impiego di questo tipo di rapporto di lavoro.
Una simile iniziativa, seppur radicale, solleva infatti questioni di rilievo costituzionale, eurounitario e ordinamentale:
1. Violazione del principio di accesso mediante concorso pubblico (art. 97, comma 4 Cost.)
L’utilizzo sistematico e pluriennale di contratti a termine per funzioni ordinarie si pone in evidente frizione con il principio meritocratico. La Corte costituzionale (sent. n. 89/2022) ha sottolineato che la reiterazione del lavoro flessibile nella P.A. può costituire una forma surrettizia di elusione del concorso.
2. Contrasto con la clausola 5 dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. 1999/70/CE
La normativa europea impone misure efficaci per prevenire l’abuso dei contratti a termine. Il legislatore italiano ha introdotto limiti (36 mesi complessivi), ma continua ad ampliare il ricorso a deroghe (es. DL 80/2021, DL 36/2022, DL 25/2025), anche in settori non emergenziali.
3. Ambiguità nella programmazione del fabbisogno e gestione del personale
Il lavoro a termine è spesso usato per far fronte a esigenze strutturali. Ne derivano prassi viziate: proroghe reiterate, rinnovi frazionati, “vuoti” tra contratti per eludere la stabilizzazione, disapplicazione del principio di equivalenza tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato.
4. Contraddizione tra principio di buon andamento (art. 97 Cost.) e precariato sistemico
La discontinuità nel personale compromette l’efficienza e la qualità dell’azione amministrativa. Si crea instabilità negli uffici e si indebolisce la responsabilità dirigenziale sulla gestione delle risorse umane.
= Conseguenze dell’eventuale abrogazione
Un referendum abrogativo o comunque una equivalente abrogazione comporterebbe:
· la necessità di una riforma organica dei meccanismi di reclutamento e mobilità;
· l’introduzione di strumenti di flessibilità alternativi (comandi, graduatorie aperte, interpelli);
· l’accelerazione delle procedure concorsuali e il venire concretamente al punto sulle stabilizzazioni;
· la ridefinizione dei poteri delle amministrazioni in tema di programmazione triennale del fabbisogno.
Un’eventuale abrogazione, se accompagnata da riforme strutturali, potrebbe restituire stabilità/certezza, legalità e dignità al lavoro pubblico, nel rispetto della Costituzione e dei vincoli europei.
Il confronto è aperto.