"scavalco d'eccedenza" e contratto di lavoro autonomo
Inviato: 13/08/2022, 8:48Buongiorno,
un ente sotto i 5000 abitanti ha richiesto l'attivazione dello "scavalco d'eccedenza" ex Articolo 1, comma 557, legge 311/2004. di un dipendente a tempo pieno presso altro comune. Tuttavia l'ente concedente ha posto la condizione che non sia in forma di lavoro subordinato in quanto potrebbe pregiudicare la funzionalità del proprio servizio (il dipendente è un responsabile P.O.) attraverso orari e giorni predefiniti tipici del contratto di lavoro subordinato.
Pertanto la condizione posta per accettare è che la forma contrattuale sia quella del contratto di lavoro autonomo professionale, per definizione priva di vincoli orari e tesa al raggiungimento di obiettivi specifici, che la giurisprudenza consolidata ha ritenuto possibile accanto alla più comune forma di lavoro subordinato.
I dubbi al riguardo sono i seguenti:
1) posto che la giurisprudenza ha anche fissato un limite massimo di ore autorizzabili, per rendere compatibili due attività presso due distinti enti, pari a 12 ore massime settimanali aggiuntive alle 36 presso l'ente concedente, come si possa inquadrare tale limite oggettivo con il contratto di lavoro autonomo professionale considerato che tale contratto è notoriamente inquadrato per obiettivi e durata massima, senza perciò vincoli di orario. Il rischio di elusione di tale condizione di legittimità giurisprudenziale pare alta. Quali possono essere le condizioni eventualmente inseribili nel contratto per rendere tale limite cogente?
2) come si differenzia, eventualmente, l'incarico conferito sulla base di tale particolare legge riservata ai piccoli comuni, rispetto ad un generico incarico conferito a dipendente pubblico sulla base dell'art. 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001 ed autorizzazione ex art. 53 del medesimo D.Lgs.?
Si ringrazia anticipatamente per gli eventuali contributi apportati alla discussione.
un ente sotto i 5000 abitanti ha richiesto l'attivazione dello "scavalco d'eccedenza" ex Articolo 1, comma 557, legge 311/2004. di un dipendente a tempo pieno presso altro comune. Tuttavia l'ente concedente ha posto la condizione che non sia in forma di lavoro subordinato in quanto potrebbe pregiudicare la funzionalità del proprio servizio (il dipendente è un responsabile P.O.) attraverso orari e giorni predefiniti tipici del contratto di lavoro subordinato.
Pertanto la condizione posta per accettare è che la forma contrattuale sia quella del contratto di lavoro autonomo professionale, per definizione priva di vincoli orari e tesa al raggiungimento di obiettivi specifici, che la giurisprudenza consolidata ha ritenuto possibile accanto alla più comune forma di lavoro subordinato.
I dubbi al riguardo sono i seguenti:
1) posto che la giurisprudenza ha anche fissato un limite massimo di ore autorizzabili, per rendere compatibili due attività presso due distinti enti, pari a 12 ore massime settimanali aggiuntive alle 36 presso l'ente concedente, come si possa inquadrare tale limite oggettivo con il contratto di lavoro autonomo professionale considerato che tale contratto è notoriamente inquadrato per obiettivi e durata massima, senza perciò vincoli di orario. Il rischio di elusione di tale condizione di legittimità giurisprudenziale pare alta. Quali possono essere le condizioni eventualmente inseribili nel contratto per rendere tale limite cogente?
2) come si differenzia, eventualmente, l'incarico conferito sulla base di tale particolare legge riservata ai piccoli comuni, rispetto ad un generico incarico conferito a dipendente pubblico sulla base dell'art. 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001 ed autorizzazione ex art. 53 del medesimo D.Lgs.?
Si ringrazia anticipatamente per gli eventuali contributi apportati alla discussione.