da lucio guerra » 10/09/2015, 11:52
Autotutela. Diritto amministrativo
Il concetto di autotutela nel diritto amministrativo fa riferimento al potere della pubblica amministrazione di annullare e revocare i provvedimenti amministrativi già adottati. Si distingue l’autotutela esecutiva dall’autotutela decisoria.
Autotutela esecutiva. - In particolare, l’autotutela esecutiva è il potere di eseguire unilateralmente e coattivamente provvedimenti che impongono obblighi a carico dei destinatari (per es., l’obbligo di consegnare il bene espropriato o di installare un depuratore), e implicano l’indicazione del termine e delle modalità di esecuzione cui deve attenersi il soggetto obbligato. L’autotutela esecutiva è un potere con un fondamento normativo specifico, che va rinvenuto caso per caso e deve essere, dunque, espressamente prevista e regolata dalla legge.
Autotutela decisoria. - L’autotutela decisoria è il potere della pubblica amministrazione di riesaminare, senza l’intervento del giudice, i propri atti sul piano della legittimità, al fine di confermarli, modificarli o annullarli.
Il riesame amministrativo dà luogo a un [u]procedimento di secondo grado, a iniziativa d’ufficio, che incide su un provvedimento (di primo grado) già adottato[/u]. In ogni caso, il provvedimento di secondo grado deve essere giustificato da un interesse pubblico concreto. La finalità dell’amministrazione non si esaurisce nell’accertamento in sé della legittimità o dell’illegittimità del provvedimento di primo grado, ma si concreta nel perseguimento di un interesse pubblico ad adottare il provvedimento di secondo grado (su tali profili si veda Revoca. Diritto amministrativo).
LA CONFERMA costituisce un nuovo provvedimento, che assorbe il precedente e si sostituisce a esso. Essa è adottata a seguito di una nuova valutazione degli interessi in gioco. Si distingue dall’atto meramente confermativo, con il quale l’amministrazione, su istanza di riesame presentata dal privato, si limita a confermare senza una nuova istruttoria e senza motivazioni. Diversamente dalla conferma, l’atto meramente confermativo non riapre i termini di impugnazione del provvedimento di primo grado.
La convalida elimina un vizio sanabile del provvedimento di primo grado, attinente alla competenza o alla procedura, e ne riafferma l’efficacia. La convalida può adottarsi «sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole» (l. n. 241/1990, art. 21 nonies, co. 2). Se il vizio rimosso è di incompetenza, la convalida si denomina ratifica. Se si rimuove una semplice irregolarità, che non integra un vizio di legittimità in senso proprio, si ha la rettifica (nel caso, per es., di correzione di meri errori materiali).
L’annullamento d’ufficio rimuove il provvedimento di primo grado. Il presupposto è che il procedimento di riesame abbia accertato la sussistenza di vizi non sanabili. E, in base a giurisprudenza consolidata, che vi sia un interesse concreto e attuale all’eliminazione del provvedimento illegittimo. Bisogna aggiungere che l’annullamento va adottato «entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati» (l. n. 241/1990, art. 21 nonies, co. 1).
Ciò a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio. Ne risulta che l’annullamento non si limita al ripristino della legalità, ma è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti.
I provvedimenti di secondo grado hanno effetti retroattivi: retroagiscono al momento in cui i provvedimenti di primo grado sono divenuti efficaci.
REVOCA. Diritto amministrativo
Atto che elimina gli effetti di un precedente provvedimento, in quanto viziato nel merito e, quindi, inopportuno, inadeguato o ingiusto.
La revoca appartiene alla categoria dei provvedimenti amministrativi cosiddetti di secondo grado o di riesame (annullamento, sospensione, convalida), con i quali l’amministrazione rimuove, modifica, sospende o conferma atti adottati in precedenza, al fine di curare l’interesse pubblico e verificare che sia soddisfatto in via concreta e attuale (su cui si veda la voce Autotutela. Diritto amministrativo).
In particolare, con la revoca (per vizi di merito e con efficacia ex nunc) e con l’annullamento d’ufficio (per vizi di legittimità e con efficacia ex tunc), l’amministrazione esercita un potere uguale e contrario a quello posto in essere con il provvedimento revocato o annullato ed espleta nuovamente la medesima funzione realizzata con l’adozione del primo atto.
Fino all’introduzione di una specifica disciplina legislativa, intervenuta con la l. n. 241 del 1990 (art. 21 quinquies e nonies), modificata dalla l. 15/2005, la revoca e l’annullamento d’ufficio hanno ricevuto una regolazione giurisprudenziale, orientata a riconoscere in capo all’amministrazione un generale potere di revoca e di annullamento degli atti amministrativi, espressione di un più ampio potere di autotutela.
La revoca può essere adottata per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, per mutamento della situazione di fatto, nonché per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Oggetto di revoca sono i provvedimenti amministrativi a efficacia durevole (atti normativi, piani urbanistici, autorizzazioni commerciali ecc.), con conseguente esclusione di quelli che hanno già esaurito i propri effetti (per es. espropriazioni, sovvenzioni). Organo competente a disporre la revoca è quello che ha emanato il provvedimento, ovvero un altro organo previsto dalla legge.
La revoca non ha efficacia retroattiva; il provvedimento revocato, quindi, non produce più effetti dal momento in cui è disposta la revoca.
Ai soggetti privati che abbiano subito un danno in conseguenza della revoca di un provvedimento, deve essere corrisposto un indennizzo che, prima dell’intervento legislativo, era ammesso solo in alcuni casi. Le controversie relative alla determinazione di tale indennizzo sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.