Turnover e capacità assunzionali per gli enti sotto i 1.000

Turnover e capacità assunzionali per gli enti sotto i 1.000

Messaggioda Moderatore Tutto PA » 09/07/2019, 11:29

Un interessante quesito in materia di assunzioni e personale ci dà modo di riportare quanto assunto con deliberazione dalla Corte dei conti Molise.

Prima di riportare schematicamente l’atto sintetizziamo di seguito quanto emerso dalla lettura dello stesso:

- il Comune può utilizzare le cessazioni intervenute nell’anno 2012 per le nuove assunzioni da programmarsi nel triennio 2019-2021 “nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno come comprensiva di tutte le vacanze complessivamente verificatesi dall’entrata in vigore della norma limitatrice, non ancora coperte alla data di riferimento”;

- è possibile conservare, ai fini delle future assunzioni, il risparmio di spesa che si realizza per effetto dell’instaurazione del rapporto di lavoro con personale inquadrato in categoria inferiore a quella del personale cessato, entro il tetto di spesa per il personale sostenuto nell’anno 2008;

- è possibile programmare, a fronte della cessazione di un dipendente a tempo indeterminato in regime di full-time (36 ore settimanali), l’assunzione di due dipendenti part-time (18 ore settimanali), ma a condizione che permanga l’invarianza della spesa e, quindi, venga rispettato il tetto di spesa per il personale sostenuto nell’anno 2008;

- i contratti a tempo determinato “sono ammessi in misura non superiore al 30% dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità”, si riferisce ai soli posti di “qualifica” dirigenziale.

Riproponiamo ora l’analisi integrale della deliberazione n. 69/2019/PAR della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, riportante la risposta a dei quesiti sul personale posti dal Sindaco di un paese avente popolazione inferiore ai 1.000 abitanti.

In particolare, il Sindaco ha chiesto se:

1. possano essere programmate assunzioni nel triennio 2019/2021, fermi restando i vincoli di legge ed il rispetto del limite di spesa impegnata nell’anno 2008 (articolo 1, comma 562 della legge n. 296/2006), utilizzando i resti del 2012 dovuti alle cessazioni di due rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ovvero se tali resti debbano considerarsi non utilizzabili (quesito n. 1);

2. in relazione alla cessazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il turn over al 100% – cui sono soggetti gli enti di minori dimensioni – sia da intendersi come limite numerico di unità di personale sostituibile oppure come spesa corrispondente alle cessazioni. In particolare, ammettendo la seconda ipotesi, il Comune chiede se:

a. sia possibile conservare, ai fini delle future assunzioni, il risparmio di spesa realizzato nel caso di instaurazione, a fronte di un cessato di categoria D, di un rapporto di lavoro con un dipendente di categoria C (quesito n. 2);

b. l’obbligo di turn over al 100% possa dirsi rispettato nel caso in cui, a fronte della cessazione di un dipendente a tempo indeterminato di categoria C in regime di full time (36 ore settimanali), si programmi di assumere due dipendenti di categoria C con rapporto di lavoro part time per 18 ore settimanali (quesito n. 3);

3. un Ente possa assumere due dipendenti part time (18 ore ciascuno) ai sensi dell’art. 110 comma 1 del D.lgs. n. 267/2000, oppure se a ciò sia ostativo il limite di “almeno una unità” indicato al primo periodo del predetto comma (quesito n. 4).

Si procede di seguito con l’analisi dei singoli quesiti e il relativo riscontro fornito dalla Corte:

Quesito 1
“possano essere programmate assunzioni nel triennio 2019/2021, fermi restando i vincoli di legge ed il rispetto del limite di spesa impegnata nell’anno 2008 (articolo 1, comma 562 della legge n. 296/2006), utilizzando i resti del 2012 dovuti alle cessazioni di due rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ovvero se tali resti debbano considerarsi non utilizzabili);”

Risposta 1
Secondo quanto previsto dal comma 562 del citato art. 1, della Legge n. 296/, gli Enti che nell’anno 2015 non erano sottoposti alle regole del patto di stabilità interno sono tenuti a mantenere entro il corrispondente ammontare dell’anno 2008 le proprie spese di personale (al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali). Gli Enti possono procedere all’assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nell’anno precedente.

Le Sezioni Riunite nella deliberazione n. 52/CONTR/2010 hanno stabilito che, al fine del rispetto degli obiettivi posti dall’Italia in sede comunitaria, il comma 562 dell’art. 1 della legge 296/2006 ha posto due criteri per ridurre la spesa di personale dei Comuni “fuori patto”, primo tra questi il tetto massimo di spesa – cui si aggiunge il limite delle assunzioni -.

Sempre secondo il citato orientamento delle Sezioni Riunite (Cfr. Deliberazione Sezioni Riunite, n. 52/CONTR/2010), è possibile intendere l’espressione “nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno come comprensiva di tutte le vacanze complessivamente verificatesi dall’entrata in vigore della norma limitatrice, non ancora coperte alla data di riferimento”.

Sul punto occorre, inoltre, richiamare la Sezione delle Autonomie che nella deliberazione n. 6/AUT/2012 ha precisato che “la norma è da intendersi nel senso che il turn over include tutte le vacanze complessivamente verificatesi (ma non ancora coperte) nell’arco temporale compreso tra che l’anno antecedente l’entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2007) e quello precedente l’assunzione”.

La Sezione di controllo Molise nella deliberazione n. 135/2012/PAR si è già conformata agli orientamenti giurisprudenziali esposti. Nello stesso senso si è pronunciata, da ultimo, la Sezione di controllo della Lombardia nella deliberazione n. 227/2018/PAR, in cui ha precisato che, qualora la procedura di mobilità volontaria (da bandire preventivamente ai sensi dell’art. 30 del D.lgs. n. 165/2001, cui possono partecipare i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche) risultasse infruttuosa, “per le nuove assunzioni potranno essere utilizzati i resti assunzionali sin dal 2007”.

Dalle indicazioni fornite dalla giurisprudenza contabile sopra riportata discende la possibilità per il Comune istante di utilizzare le cessazioni intervenute nell’anno 2012 per le nuove assunzioni da programmarsi nel triennio 2019-2021.

Quesito 2-3
“in relazione alla cessazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il turn over al 100% – cui sono soggetti gli enti di minori dimensioni – sia da intendersi come limite numerico di unità di personale sostituibile oppure come spesa corrispondente alle cessazioni. In particolare, ammettendo la seconda ipotesi, il Comune chiede se:

sia possibile conservare, ai fini delle future assunzioni, il risparmio di spesa realizzato nel caso di instaurazione, a fronte di un cessato di categoria D, di un rapporto di lavoro con un dipendente di categoria C (quesito n. 2);
l’obbligo di turn over al 100% possa dirsi rispettato nel caso in cui, a fronte della cessazione di un dipendente a tempo indeterminato di categoria C in regime di full time (36 ore settimanali), si programmi di assumere due dipendenti di categoria C con rapporto di lavoro part time per 18 ore settimanali (quesito n. 3);”

Risposta 2-3
I quesiti sollevati nei punti 2) e 3) della richiesta impongono di affrontare l’interrogativo se sia consentito intendere il limite alle assunzioni di cui al comma 562 dell’art. 1, della Legge n. 296/2006 (entro le “cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute”) come vincolo di spesa corrispondente alle cessazioni (tale per cui, ad esempio, la cessazione di un’unità in regime di full time potrebbe in ipotesi favorire l’assunzione di due unità in regime di part time), anziché come limite numerico di unità di personale acquisibile (nell’esempio proposto, la cessazione di una unità consentirebbe l’assunzione soltanto di una unità, prescindendo dalla categoria di inquadramento e dal tempo pieno o parziale del nuovo rapporto di lavoro).

Su tale questione un primo, più risalente orientamento aveva concluso in senso favorevole alla soluzione più restrittiva.

In particolare, secondo la Sezione controllo Sardegna (deliberazione n. 67/2012/PAR), “utilizzare il criterio dell’equivalenza della spesa (risparmio di spesa derivante dalle cessazioni=spesa nuove assunzioni) per gli Enti non soggetti al patto di stabilità, potrebbe portare al paradosso che a fronte di un’unica cessazione l’ente si troverebbe nelle condizioni di potere procedere a più assunzioni fino al totale utilizzo del risparmio di spesa ottenuto a fronte dell’unica cessazione intervenuta. E ciò in controtendenza rispetto all’esigenza di contenimento del numero dei dipendenti pubblici”.

Alla stessa conclusione era pervenuta la Sezione di controllo Piemonte con la deliberazione n. 14/2015/SRCPIE/PAR, che aveva escluso la possibilità dell’assunzione di due unità a tempo parziale in sostituzione di una a tempo pieno in quanto tale operazione “supera il dato normativo arrivando a parametrate la regola del turn over al costo dell’unità cessata da sostituire”. La predetta Sezione aveva sostenuto, inoltre, che la prospettazione contraria potrebbe portare ad un ampliamento della pianta organica, in contrasto con la ratio legis sottesa al richiamato comma 562.

Occorre, tuttavia, evidenziare che la successiva giurisprudenza delle Sezioni regionali aveva mutato orientamento sul punto, statuendo che è conforme al dettato normativo l’assunzione da parte dell’Ente locale di due dipendenti a tempo indeterminato in regime di part time in luogo di un cessato rapporto di lavoro a tempo indeterminato in regime di full time (cfr. Sezione di controllo Basilicata, deliberazione n. 35/2018/PAR). La Sezione di controllo Basilicata aveva ritenuto ammissibile tale possibilità valorizzando le argomentazioni delle Sezioni Riunite, che nella già citata delibera n. 52/2010 sottolineavano l’esigenza di evitare ingerenze nelle regole di organizzazione degli uffici degli Enti locali.

Le indicate conclusioni erano in verità state raggiunte anche da questa Sezione con la deliberazione n. 80/2016/PAR, depositata in data 13 aprile 2016, secondo cui “può darsi risposta positiva al quesito posto dal Comune richiedente” (“se l’Ente, non sottoposto al patto di stabilità, può procedere all’utilizzo dei resti assunzionali del triennio precedente, quindi procedere alla copertura del turn over per la cessazione dell’unità di personale a tempo pieno e indeterminato avutasi nell’anno 2013, con la copertura nell’anno 2016 a tempo indeterminato di due posti part time al 50%”).

Ciò premesso, in favore dell’orientamento più recente, secondo cui il “limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato” (di cui all’articolo 1, comma 562 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296) non impedisce di dar corso a procedimenti assunzionali entro il tetto di spesa corrispondente alle cessazioni intervenute, militano i seguenti argomenti di ordine teleologico e sistematico.

In primo luogo, le Sezioni Riunite in sede di controllo, nella ricordata deliberazione n. 52/CONTR/10, hanno evidenziato con chiarezza la ratio della disposizione di cui all’articolo 1, comma 562 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

In particolare, in quella sede le Sezioni Riunite hanno premesso che: “Le regole per la limitazione delle assunzioni devono essere valutate nel contesto normativo al quale accedono nel quale le norme per porre un argine alle spese di personale sono stabilite nell’ambito delle misure di coordinamento della finanza pubblica destinate agli enti locali. È evidente che assicurare l’invarianza della spesa rispetto al 2004 [oggi al 2008] costituisce il raggiungimento dell’obiettivo di fondo cui tende la normativa in esame, mentre le misure di raffreddamento delle assunzioni concorrono allo scopo”. Pertanto, “Limitare le assunzioni al livello delle corrispondenti cessazioni avvenute nell’esercizio precedente può essere una valida indicazione per garantire l’invarianza nel tempo della spesa, sicuramente utile in concorso con altri interventi restrittivi, tuttavia, porre un limite alle assunzioni quando già il comune è riuscito a contenere la spesa al livello di quella del 2004 [oggi del 2008] e sarebbe in grado di assicurare tale rispetto anche tendo conto degli effetti delle nuove assunzioni, potrebbe comportare un’indebita ingerenza nelle regole di organizzazione degli uffici, che è riconducibile a materia riservata alla competenza legislativa esclusiva della Regione”.

Sempre nella medesima prospettiva, le Sezioni Riunite poi hanno ribadito che: “L’interpretazione delle norme che pongono limiti alla spesa per il personale deve fondarsi su una lettura sistematica, cercando di riportare coerenza in un complesso affastellato di disposizioni e deve essere, comunque, orientata nella direzione che le norme perseguono e cioè il contenimento della spesa pubblica. Appare, quindi ragionevole che debbano dispiegare pienamente effetto le misure che sono indirizzate al raggiungimento dell’obiettivo del contenimento della spesa, ma non sembra ammissibile che tali misure possano produrre effetti ulteriori quando l’obiettivo del contenimento della spesa sia già stato raggiunto. […] Anche a seguito dello svolgimento del turn over nei limiti descritti l’ente dovrà assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di fondo della norma e cioè l’invarianza della spesa per il personale quale condizione per mantenere l’equilibrio di bilancio che, nei comuni di piccole dimensioni, è ampiamente condizionato dall’andamento di tale intervento di spesa”.

La Corte, dunque, fin dal 2010 ha sottolineato in modo inequivoco che il reale obiettivo perseguito dalla disposizione è costituito dal contenimento della spesa, finalità in relazione alla quale l’esigenza di contenimento del numero dei dipendenti pubblici si configura, se non insussistente, in ogni caso come meramente strumentale.

Inoltre, sul piano sistematico assumono rilevanza ai fini ermeneutici sia le importanti innovazioni normative intervenute in materia di personale, sia le riforme che hanno condotto al superamento della nozione di “patto di stabilità interno” che giustificava, nel 2006, la codificazione di una disciplina nettamente differenziata delle facoltà assunzionali degli enti locali.

Sotto il primo profilo, come noto, la legge 7 agosto 2015, n. 124 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (cd. legge di riforma Madia) implica di fatto il superamento del concetto di “dotazione organica” secondo la relativa nozione come tradizionalmente intesa. In linea con quanto preannunciato dalla legge delega, il D.lgs. 25 maggio 2017 ha modificato l’art. 6 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TUPI) prevedendo che “Le amministrazioni pubbliche definiscono l’organizzazione degli uffici per le finalità indicate all’articolo 1, comma 1, adottando, in conformità al piano triennale dei fabbisogni di cui al comma 2, gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti collettivi nazionali”.

Al riguardo, le “Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle amministrazioni pubbliche”, adottate con D.M. dell’8 maggio 2018 (pubblicato nella Gazz. Uff. 27 luglio 2018, n. 173), precisano che la dotazione organica è ora concepita come valore finanziario di spesa potenziale massima sostenibile che non può essere valicata dai Piani triennali dei fabbisogni di personale (PTFP). Essa, di fatto, individua la “dotazione di spesa potenziale massima imposta come vincolo esterno dalla legge o da altra fonte, in relazione ai rispettivi ordinamenti, fermo restando che per le regioni e gli enti territoriali, sottoposti a tetti di spesa del personale, l’indicatore della spesa potenziale massima resta quello previsto dalla normativa vigente”.

Appare dunque evidente che le azioni di riforma intraprese negli ultimi anni hanno sostituito, per quanto concerne l’attività di programmazione delle risorse umane, al previgente sistema rigido incentrato sulla dotazione organica, quello dinamico del piano triennale dei fabbisogni. Quest’ultimo deve essere accompagnato dall’indicazione delle risorse finanziarie destinate alla sua attuazione, nei limiti della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente. E l’interpretazione delle disposizioni relative alla disciplina di tali facoltà non può prescindere dalla circostanza che il Legislatore della riforma pone in primo piano, ai fini della programmazione, la nozione di “dotazione di spesa”.

In questa sede rileva inoltre la circostanza che la Legge 11 dicembre 2016, n. 232, segnando il sostanziale superamento, anche per gli Enti Locali, del patto di stabilità interno, ha sostituito per tutti i Comuni (compresi gli Enti in precedenza esclusi dalle regole del patto) il precedente vincolo con quello legato al saldo finale di competenza potenziata, con l’obiettivo dichiarato di favorire una ripresa delle politiche locali rivolte agli investimenti. Alla richiamata innovazione normativa, nonché alle più recenti disposizioni che, per tutti i Comuni, comportano il superamento delle regole in materia di disciplina del nuovo saldo finale, consegue la necessità di ricercare una interpretazione, per quanto possibile, unitaria delle disposizioni ancora in vigore in materia di facoltà assunzionali, la cui ratio non può più essere ancorata alle finalità che legittimavano la pregressa, distinta disciplina dei saldi di bilancio.

Si osserva, inoltre, che alla più risalente interpretazione dei limiti di cui al citato comma 562, inevitabilmente, conseguirebbe la possibilità per un Ente, a fronte della cessazione di un rapporto di lavoro in regime di tempo parziale, di procedere – fermi i limiti di spesa del 2008 – all’assunzione di una nuova unità a tempo pieno, posto che anche in tal caso si tratterebbe di fattispecie di turn over “per teste”: paradossalmente si assisterebbe, in tal caso, alla espansione della spesa del personale, in contrasto con la ratio della disciplina come sopra evidenziata.

Ovviamente, la soluzione che si ritiene preferibile dovrebbe tener conto dell’argomento secondo cui restano ancora oggi in vigore due diverse disposizioni in materia di facoltà assunzionali, la prima delle quali (il comma 557-quater dell’articolo 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296), applicabile agli Enti in passato sottoposti al patto di stabilità, vincola espressamente “il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”, mentre il successivo comma 562 (applicabile agli Enti in passato non sottoposti al patto) introduce il diverso limite “delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute”.

Non potrebbe, pertanto, accogliersi una interpretazione di quest’ultimo comma che ne escludesse ogni utilità (nel rispetto di un’esigenza che trova il suo punto di emersione, in materia di contratti, nel criterio della “interpretazione utile” di cui all’articolo 1367 del c.c. e, in sede comunitaria, nel principio di “effetto utile”, in base al quale una determinata norma deve essere interpretata, di preferenza, in modo da favorire il raggiungimento dell’obiettivo in essa prefissato).

Tuttavia, il limite delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute non esclude affatto che la disposizione sia interpretata nel senso che i Comuni assoggettati alla relativa regola di turn over possano procedere con le assunzioni entro il tetto di spesa di cui ai rapporti di lavoro con le unità cessate ed espressamente utilizzate per le assunzioni, ferma, per essi, l’inapplicabilità dei diversi limiti normativi per i Comuni a suo tempo sottoposti a patto di stabilità.

Tale soluzione ermeneutica consente di ricondurre le due diverse disposizioni in materia di facoltà assunzionali alla stessa ratio di contenimento dei tetti di spesa, pur conservando le stesse il riferimento a differenti criteri di computo del vincolo.

Le esposte considerazioni consentono di interpretare l’articolo 1, comma 562 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 nel senso che, in caso di cessazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il turn over entro il “limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato” non osta all’avvio di procedimenti assunzionali entro il tetto di spesa corrispondente alle cessazioni intervenute.

Conseguentemente, in questa prospettiva è anche possibile conservare, ai fini delle future assunzioni, il risparmio di spesa che si realizzi per effetto della instaurazione del rapporto di lavoro con personale inquadrato in categoria inferiore a quella del personale cessato. Né, in tal caso, si determinerebbe un meccanismo dei resti assunzionali sovrapponibile alle previsioni sul cumulo di risorse previsto dall’articolo 3, comma 5 del D.L. 24/06/2014, n. 90 (convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114) per gli Enti a suo tempo sottoposti al patto di stabilità interno, posto che per gli Enti sottoposti alla disciplina del comma 562 cit. non opera il relativo limite pluriennale dinamico.

Ovviamente, spetta al Comune, sulla base dei predetti principi, valutare attentamente la situazione concreta al fine di procedere nel rispetto dei tetti di spesa, oltre che eseguire tutti gli adempimenti connessi alla programmazione del fabbisogno del personale, alla determinazione delle dotazioni organiche, ecc. secondo le indicazioni della vigente normativa.

Tutto ciò premesso, occorre aggiungere che, nelle more del deposito del presente parere, è intervenuto il deferimento alla Sezione Autonomie di un quesito rilevante ai fini dei suoi contenuti, perché relativo ad una questione equivalente a quella di cui al punto 3) della richiesta di parere in esame. Orbene, si osserva che le conclusioni raggiunte dalla Sezione risultano confermate dalla delibera n. 4 del 1 aprile 2019 della Sezione delle Autonomie in sede di nomofilachia dell’attività di controllo, in relazione alla questione deferita, la cui soluzione richiede – come accennato – il preliminare esame di quesiti ermeneutici comuni a quelli sottesi al quesito n. 2).

Nella citata pronuncia la Sezione delle Autonomie, con motivazioni che in questa sede si richiamano integralmente, affini a quelle sopra esposte, ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel rispetto di tutte le altre disposizioni normative che disciplinano l’assunzione presso le amministrazioni pubbliche e ferma restando la vigenza di entrambi i vincoli posti dall’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006, la determinazione dei limiti assunzionali ivi contenuti, può prescindere dalla corrispondenza numerica tra personale cessato e quello assumibile, a condizione che permanga l’invarianza della spesa e, quindi, venga rispettato il tetto di spesa per il personale sostenuto nell’anno 2008. Conseguentemente, purché si verifichino dette condizioni, il limite assunzionale può ritenersi rispettato anche quando, a fronte di un’unica cessazione a tempo indeterminato e pieno, l’Ente, nell’esercizio della propria capacità assunzionale, proceda a più assunzioni a tempo parziale che ne assorbano completamente il monte ore”.

Concludendo sul punto, e tenuto conto dei contenuti dei quesiti n. 2) e n. 3) della richiesta di parere, l’articolo 1, comma 562 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 può essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il turn over entro il “limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato” consenta di dar corso a procedimenti assunzionali entro il tetto di spesa corrispondente alle cessazioni intervenute. Pertanto:

è possibile conservare, ai fini delle future assunzioni, il risparmio di spesa che si realizza per effetto della instaurazione del rapporto di lavoro con personale inquadrato in categoria inferiore a quella del personale cessato, entro il tetto di spesa per il personale sostenuto nell’anno 2008;
le previsioni dell’articolo 1, comma 562 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 non ostano alla scelta di programmare, a fronte della cessazione di un dipendente a tempo indeterminato in regime di full time (36 ore settimanali), l’assunzione di due dipendenti part time (18 ore settimanali), ma a condizione che il tetto di spesa di cui al rapporto di lavoro cessato non sia superato dal costo lordo complessivo dei due nuovi rapporti di lavoro a tempo parziale.

Quesito 4
“un Ente possa assumere due dipendenti part time (18 ore ciascuno) ai sensi dell’art. 110 comma 1 del D.lgs. n. 267/2000, oppure se a ciò sia ostativo il limite di “almeno una unità” indicato al primo periodo del predetto comma (quesito n. 4). “

Risposta 4
L’art. 110 del T.U.E.L. disciplina il rapporto di lavoro a tempo determinato del personale incaricato e prevede due tipi di reclutamento: al primo comma in dotazione organica, al secondo comma fuori dotazione organica.

La linea di demarcazione tra le due diverse tipologie di contratto è stata evidenziata dalle numerose pronunce dei giudici contabili oltre che dalla Corte di Cassazione, secondo la quale dal tenore letterale delle disposizioni contenute nei primi due commi dell’art. 110 del TUEL risulta che essi prevedano due fattispecie di “incarichi a contratto” che possono essere conferiti dall’Ente locale e che hanno in comune il solo fatto di essere a tempo determinato.

In particolare, la suprema Corte ha chiarito che il primo comma dell’art. 110 prevede una ipotesi di copertura di posti “di ruolo” di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione. Il secondo comma, invece, consente la stipulazione di contratti a tempo determinato per tali figure, espressamente, “al di fuori della pianta organica”. Alla diversità di presupposti – posto in pianta organica o al di fuori di essa – corrisponde una diversità di profili disciplinatori. Per espressa disposizione di legge, ad esempio, deve essere lo “statuto” a prevedere la copertura dei posti in pianta organica con contratti a tempo determinato. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto ai sensi dell’art. 384 c.p.c.: “l’art. 110 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incarichi a contratto a tempo determinato conferito dagli enti locali, disciplina, al primo comma, la possibilità che il contratto sia stipulato per la copertura di posti previsti in pianta organica, mentre, al secondo comma, la previsione riguarda la stipulazione di contratti al di fuori della dotazione organica, con la conseguenza che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione di cui al primo comma deve essere prevista dallo statuto dell’ente, non essendo all’uopo sufficiente una previsione regolamentare” (cfr. Cassazione Civile, sentenza n. 849/2015).

Dunque, la disposizione in esame stabilisce che, a condizione che lo statuto dell’Ente lo preveda, la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione possa avvenire mediante contratto a tempo determinato.

La norma, inoltre, specifica che “per i posti di qualifica dirigenziale” il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi dell’Ente deve definire la quota di detti “posti dirigenziali” attribuibile mediante contratti a tempo determinato. Inoltre, come precisato dalla giurisprudenza contabile, quando con l’art. 110 TUEL si procede a conferire un incarico di natura dirigenziale “all’autonomia normativa dell’Ente è imposto un ulteriore limite: la quota degli incarichi dirigenziali a contratto in parola non può essere comunque in misura “superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità” (cfr. Sezione di Controllo Lombardia, deliberazione n. 406/2015/PAR).

Secondo la richiamata pronuncia della Sezione della Lombardia, “solo se si tratta di incarico dirigenziale si applica il limite specifico di capacità assunzionale previsto dal primo comma dell’art. 110 del T.U.E.L. (ovvero, l’assunzione non può essere comunque in misura superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità)”.

Ciò stante, precisato che evidentemente l’Ente, per poter procedere all’assunzione del personale tramite i contratti previsti al primo comma dell’art. 110 del T.U.E.L., deve verificare in concreto la reale sussistenza di tutte le condizioni, di fatto e di diritto, che consentono l’instaurazione di tali tipologie contrattuali, in ogni caso il quesito non sembra riguardare l’attività del Comune istante in quanto, trattandosi di un Ente di piccole dimensioni, non appare possibile che siano presenti le condizioni sopra descritte, necessarie per l’instaurazione di contratti relativi a posti di qualifica dirigenziale.

Al link la deliberazione: https://www.studiosigaudo.com/wp-conten ... -69-19.pdf
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